mercoledì 30 gennaio 2008

STOP alle dispense protette da password

Noto con disappunto che sempre più spesso i professori universitari proteggono le dispense dei loro corsi mediante password. L'idea è semplice: tutti i lucidi e le dispense sono resi pubblici e messi on-line (in vari formati, PDF, PPT, RTF,...), ma per poterli aprire è necessario conoscere la password comunicata dal docente a lezione. Viene data una duplice giustificazione di questo atteggiamento:
  • si tutela il lavoro del docente stesso (la produzione dei lucidi) in modo che nessun altro docente/studente possa rielaborarlo senza autorizzazione;
  • si tutela la diligenza degli studenti, che solo partecipando alle lezioni possono entrare in possesso della password.
Questa pratica ha visto protagonista anche me, che spesso acconsentivo al rilascio di dispense e lucidi protetti da password. In realtà io ho sempre cercato di rilasciare le dispense senza protezione di lettura, ma solo di modifica. Questo permetteva a chiunque di leggere/stampare le mie dispense, senza però poterle modificare, riutilizzare in lavori personali o addirittura rilasciarne di nuove versioni. Tuttavia, spesso mi veniva chiesto dal docente stesso di rilasciare le dispense proteggendole da password, e quindi anche io cadevo nel tranello dei documenti protetti da password.

Parlo di tranello perché in realtà la protezione dei documenti con password è a mio avviso controproducente. Nell'era dell'informazione libera (si pensi solo a Wikipedia) l'accesso alle informazioni non dovrebbe essere limitato ai soli studenti in corso. E' facile immaginare studenti di altre facoltà o semplicemente già laureati che, per meglio apprendere o ripassare determinati argomenti, siano interessati a documenti di altri corsi/professori. Non consentire la condivisione della conoscenza rappresenta, in particolare per le università, una forte limitazione nonché un controsenso. Inoltre il valore aggiunto per gli studenti non dovrebbero essere le dispense, ma le spiegazioni e la disponibilità del docente. In altre parole, le tasse pagate dagli studenti dovrebbero tutelare la presenza dei docenti e la loro disponibilità, nonché la disponibilità di supporti didattici particolari (computer, proiettori, ecc.), e non di semplici dispense.

Sarebbe quindi opportuno che i docenti, qualora volessero tutelare le proprie dispense, iniziassero a rilasciare le stesse con licenze appropriate (ad es. Creative Commons, GNU, ecc.). Questo garantisce ai docenti la proprietà delle dispense, nonché permette di limitare gli eventuali usi di porzioni delle stesse, e allo stesso tempo permette agli studenti di avere accesso libero alle stesse.
Così facendo si arriverebbe ad una situazione ove:
  • il lavoro dei docenti è correttamente tutelato da una appropriata licenza;
  • la diligenza degli studenti viene comunque premiata: gli studenti vogliosi di apprendere e che non esitano a consultare materiali didattici differenti risulteranno meglio preparati di altri.
Da non sottovalutare poi che, rilasciando il proprio lavoro sotto un'appropriata licenza, stimola e abitua gli studenti a ragionare in termini di materiale pubblicamente disponibile e a scegliere la licenza per i propri lavori. In particolare, per gli studenti di informatica, questo si traduce in una predisposizione all'OpenSource.

Ci sono poi degli effetti collaterali nel rilasciare pubblicamente le proprie dispense: i docenti risultano più stimolati a produrre documenti completi, chiari e accattivanti, cosa che chiaramente è meno sentita nel caso di documenti mantenuti privati all'interno di un corso. E, nella migliore tradizione OpenSource, un simile approccio favorisce una maggiore produzione di commenti e correzioni da parte degli studenti.

Invito quindi gli studenti degli atenei dove vengono rilasciate dispense protette da password a ribellarsi e a richiedere la disponibilità del materiale didattico sotto licenze che ne tutelino gli autori ma che non vincoli la fruibilità del materiale stesso.

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